Il cobalto è un minerale utilizzato per la produzione di apparecchi telefonici, dispositivi elettronici portatili, e per le batterie delle automobili.
Viene estratto nelle miniere della Repubblica Democratica del Congo, uno dei paesi più poveri al mondo, ma anche maggior produttore di minerali preziosi, tra cui il cobalto.
L’estrazione di questo minerale viene effettuata da minatori adulti e bambini di 6/7 anni in buie gallerie, dove per circa 10/12 ore al giorno lavorano senza protezione, in condizioni disumane e dannose per la salute, guadagnando in media pochi dollari.
Da una stima effettuata dall’Unicef nel 2014 i bambini e le bambine che lavoravano nelle miniere della RdC erano circa 40.000. L’unica fonte di sostentamento per la popolazione della RdC sono le miniere, per cui molte persone senza permesso e senza norme di sicurezza scavano da soli le gallerie per estrarre il cobalto, con il rischio di crollo mettendo in pericolo la loro stessa vita, infatti centinaia di persone muoiono ogni anno per tale motivo.
Amnesty International e Afrewatch, un’organizzazione non governativa per i diritti umani con sede nella RdC, hanno condotto un’indagine per verificare se le principali aziende di elettronica e le case automobilistiche attuano i controlli per verificare che il cobalto da loro usato venga estratto senza lo sfruttamento e il lavoro minorile.
Da tale indagine è emerso che questo commercio è in mano ad una grande azienda della RdC, la Congo Dongfang Mining International, controllata dal gigante cinese Zehijang Huayou Cobalt, il cobalto da loro lavorato viene venduto a tre aziende che producono batterie a litio: Ningbo Shanshan, Tianjin Bamo entrambe in Cina e L&F Materials in Corea del Sud, le quali a loro volta vendono le loro merci a produttori di batterie che infine le distribuiscono alle grandi e note aziende di prodotti elettronici e alle case automobilistiche.
Alla fine del rapporto, Amnesty ha contattato 16 multinazionali, clienti delle suddette aziende produttrici di batterie che utilizzano il cobalto proveniente da fornitori delle Repubblica Democratica del Congo: Apple, Byd, Daimler, Dell, Hp, Huawei, LG, Lenovo, Samsung, Vodafone, Microsoft, Sony, Inventec, Zte, Volkswagen. Una sola ha ammesso la relazione, quattro hanno risposto che non lo sapevano, cinque hanno negato di usare cobalto proveniente dalla Huayon Cobalt, due hanno respinto l’evidenza di rifornirsi di cobalto dal paese africano e sei hanno promesso di indagare. Nessuna quindi di queste grandi aziende è stata in grado di dare informazioni dettagliare al riguardo, tutto ciò appare molto strano che aziende del genere con enormi profitti non conoscano la provenienza delle loro materie prime!!! La cosa importante è continuare a trarre profitti lucrosi e non chiedersi come dove e da chi venga estratto il cobalto!
Tuttavia come sostiene Amnesty non esiste un regolamento del mercato globale del cobalto, infatti non è neanche inserito nella lista dei “minerali dei conflitti” che comprende invece l’oro, lo stagno, coltan e tungsteno, e ciò che le aziende dovrebbero fare è avere informazioni dettagliate sui loro rifornitori imponendo il rispetto per i diritti umani, mentre la RdC dovrebbe fare rispettare le norme sul lavoro, soprattutto quello minorile.
Ma intanto tra l’indifferenza e la mancanza di impegno i bambini continuano a morire: si stima che tra settembre 2014 e dicembre 2015 i bambini minatori che hanno perso la vita siano stati ottanta, e questo solo nel sud del paese!!
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